MODA CRITICA E ARTE CONTEMPORANEA

di Isabella Falbo

 

Tra le varie riflessioni che attraversano la moda critica è importante considerare anche la relazione che esiste tra quest’ultima e l’arte contemporanea.
La necessità di indagare il rapporto moda critica / arte visiva si inserisce coerentemente nel panorama culturale contemporaneo, caratterizzato dal dialogo sempre più intenso tra le varie espressioni artistiche, dove le tendenze più innovative appaiono essere quelle ispirate alla filosofia della convergenza e alla creatività crossmediale.

Seppur trasversalmente, il mio intervento traccerà dunque una linea all’interno del fenomeno della moda critica, convalidandone l’espansione attraverso le poetiche di alcuni tra i più interessanti giovani artisti nazionali e internazionali.
Gli artisti selezionati sono Hendrik Kerstens, Cosimo Terlizzi, Danny Treacy, Davis Venturelli, Christina Kim. Analizzando le loro poetiche possiamo ritrovare tematiche che indagano la comunicazione etica, la sostenibilità ambientale e la tendenza al riciclo, sviluppate in connubio con la moda o attraverso elementi della moda.

Hendrik Kerstens, fotografo
Nato in Olanda nel 1956, vive e lavora tra l'Olanda e NY

Nel 1995 inizia a fotografare da autodidatta e in qualche anno ottiene riconoscimenti importanti, lo abbiamo visto recentemente alla London Portrait Gallery tra i selezionati del celebre "Wessing photographic prize".
Nell’opera The bag il sacchetto da comune rifiuto si trasforma in copricapo, trova una centralità concettuale che pone l’attenzione sulla problematica del rispetto ambientale e del riciclo. Altro esempio Roll Paper.
Kersten ha orientato tutta la sua pratica artistica sul ritratto riuscendone a rinnovare il genere ricalcando l’impostazione della tradizione fiamminga.
Recuperando dalla storia della pittura il linguaggio di Vermeer e dei pittori fiamminghi del '600, attraverso queste opere l'artista comunica in modo efficace, chiaro ed intenso la necessità di “mettersi bene in testa” i valori etici del rispetto ambientale e del riciclo.

Hendrik Kerstens, bag, photo, 2009

 

Hendrik Kerstens, paper roll, photo, 2009




Cosimo Terlizzi, fotografo, videoartista, performer
Nato a Bitonto nel 1973, vive e lavora a Bologna

Cosimo Terlizzi ha fatto della moda l’elemento inscindibile per l’economia poetica di ogni sua opera.
La sua pratica artistica privilegia il corpo e ricodifica i linguaggi visivi attinti dall’iconografia simbolica antica e contemporanea, le sue opere si caratterizzano per l’innovativa sperimentazione del linguaggio all’interno del quale l’estetica appare come elemento primario del registro compositivo.

Regina Irena Radmanovic nasce come opera performativa dalla quale l’artista ha tratto frame fotografici e un video.
Il video ha vinto la menzione della giuria a Videominuto 08, concorso del Museo Pecci di Prato ed è stato selezionato per Video.it 09 di Artegiovane Torino, con esposizione alla Fondazione Merz.

La poetica di fondo di questo lavoro è quella di affrontare la questione sociale del disastro consumistico e di farlo rappresentando l’estetizzazione della vita quotidiana attraverso la simbologia dell’abito e, in senso lato, utilizzando il bagaglio semiotico della moda intesa come oggetto culturale.
Seguendo un’ottica socio-antropologica con interesse centrato sui prodotti dell’industria consumistica moderna, il video si compone di piccoli gesti ammiccanti e sensuali con i quali Irena Radmanovic si costruisce la propria regalità attraverso l’uso di involucri derivanti dal packaging protettivo contemporaneo.
Prodotti del nostro tempo, utilizzati per proteggere o coprire gli oggetti e che abitualmente dopo l’uso vengono buttati via nonostante la loro natura di “materia aliena” quasi indistruttibile, sono qui recuperati e trasformati dall’artista in comunicazione etica attraverso una nuova sorta di trans-substantatio.

Cosimo Terlizzi, Regina Irena Radmanovic, cm 100x70, photo, 2008




Danny Treacy, fotografo
Nato a Manchester nel 1975, vive e lavora a Londra

Danny Treacy ha studiato fotografia all'Università di Brighton e al Royal College of Art.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti come il Photographers' Gallery Award nel 2002 e il Jerwood/Portfolio Photography Award nel 2003.
Il suo lavoro è comparso su molte pubblicazioni internazionali tra le quali Camera Austra, Blueprint, Portfolio, I-D, Tank, Creative Review, Photoworks ed è stato inserito su Vitamin Ph, catalogo di fotografia contemporanea che racchiude il lavoro dei più innovativi fotografi degli ultimi cinque anni.
Ha partecipato a mostre in Europa e negli Stati Uniti, tra le quali recentemente anche presso la Civica Galleria di Modena in occasione della mostra In our world. New photography in Britain.

Attraverso una pratica artistica caratterizzata dal riciclo e dal riutilizzo di abiti, Danny Treacy aggiunge nuovi livelli e significati al genere dell'autoritratto.
Per la sua serie in progress Them Treacy utilizza indumenti recuperati nei luoghi più svariati, li rielabora assemblandoli e successivamente li indossa per i suoi scatti finali.
Il rivestirsi di queste sue creazioni diviene per l'artista un atto performativo di appropriazione dei vissuti di chi in precedenza li aveva indossati e attraverso questa azione caricata simbolicamente l'autore diventa "Them", Loro.
In questi autoritratti Treacy perde la sua identità per acquisire quella degli altri ma anche per andare oltre e re-inventarsi.
Negli scatti finali appare emergere dallo sfondo scuro senza volto, a volte minaccioso, altre vulnerabile, comunque sempre surreale come un guerriero urbano o nuovo mostro mitologico.

Danny Treacy, hem 11, cm 215 x 178, photo, Edition of Five, 2005

Danny Treacy, them13, cm 215 x 178, photo, Edition of Five, 2005




Devis Venturelli, artista e architetto
Nato a Faenza nel 1974, vive e lavora a Milano

L'aspetto della sostenibilità ambientale appare come elemento imprescindibile alla base della poetica di Venturelli.
La sua pratica artistica si focalizza sull'arte pubblica con interventi urbani dai quali successivamente trae fotografie e crea video.
La sua progettualità parte dal recupero di elementi già esistenti, legati al mondo della moda come scampoli di tessuti, abiti e accessori, che reinterpreta in una sorta di "arredo urbano".

Paradigmatiche appaiono opere come Sidewalk (marciapiede), installazione di scampoli recuperati di tessuti o Bin (cestino), serie realizzata vestendo i cestini della spazzatura con gonne vintage.
Concettualmente queste operazioni di trasformazione urbana sono riflessioni etiche sulla società dei consumi in linea con una coscienza che non accetta più lo spreco indiscriminato e sulla necessità non più di produrre nuovi oggetti vestimentari ma reinventarsi quelli già esistenti, ripensarli traformandoli in nuovi modelli.

Devis Venturelli, sidewalk, frame from video, 2008

Devis Venturelli, Bin 01, frame from video, 2008




Christina Kim, artista e stilista
Nata in Corea vive e lavora a Los Angeles

Laureata in Belle Arti, Christina Kim attraverso un approccio alla moda decisamente artistico sostiene la causa ambientalista e sostenibile.
Le sue creazioni eco-compatibili, che siano gli abiti della sua linea Dosa o installazioni museali, sono progetti di recycling.

Lo scopo della Kim è quello di creare una moda etica ed ecologicamente sostenibile, mira a salvaguardare le antiche tecniche di lavorazione artigianale e i saperi tradizionali, a ricercare le possibilità che il design può offrire a paesi come Cambogia, India e Messico.
A Los angeles ha fondato Dosa, laboratorio e studio dove vengono prodotti i suoi abiti fatti a mano e realizzati attraverso tessuti di riciclo e Dosa818, spazio dove vengono presentate mostre in linea con la sua poetica ecologista, come ad esempio l'installazione di Judith Belzer Trees inside out, 2009, lavoro che unisce l'architettura, il disegno e la pittura ed esplora la nostra relazione con la natura invitando lo spettatore a considerarla come una forza sempre presente nella nostra vita quotidiana.

Nel 2008 la città di Bologna ha dedicato a Christina Kim una mostra personale dal titolo Naturale, Rigenerato, Fatto a mano. La moda etica di Christina Kim.
La mostra ha illustrato in modo dettagliato la storia dei progetti di recycling della linea Dosa ad esempio la sezione “La vita del Jamdani”, focalizzata sul ciclo d’uso di questo tessuto, dalla sua ispirazione originale come stoffa tradizionale indiana tessuta a mano per i sari, al prodotto riciclato della produzione dell’abito Dosa.

Christina Kim, installation, Museo della musica, Bologna, 2008

Concludo dicendo che da questa breve analisi del rapporto tra moda etica e arte contemporanea emerge fortemente la necessità di comunicare un atteggiamento ecologico e l'adozione della pratica del riciclo come risposta all'ipersaturazione oggettuale.
Interessante notare come in tutti i lavori presentati l'indumento riciclato rappresenti la base per una creatività che valorizza la storia, la memoria, il vissuto.

ISABELLA FALBO, relazione nell’ambito del convegno internazionale Ethical fashion, organizzato dal Centro per lo Studio della Moda e della Produzione Culturale, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 7-8 maggio 2009